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Il profeta Muhammad (S) (2)

6:52 - December 18, 2016
Notizie ID: 3481092
L’Inviato di Dio designò la persona che, dopo la sua morte, avrebbe dovuto guidare la società islamica, dirigerne gli affari, custodire il sacro Corano e la tradizione del Profeta e conservare le conoscenze e le leggi religiose; il profeta Muhammad (S) ubbidí in tal modo all’ordine datogli da Dio: “O Profeta, comunica alla gente ciò che ti è stato rivelato dal tuo Signore e {sappi che} se non lo farai, non avrai compiuto la Sua missione” (Santo Corano,5:67)
Il profeta Muhammad (S) (2)


La vicenda di Ghadir e la morte del Profeta  

Nell’anno decimo dell’Egira il sommo Profeta si recò alla Mecca ed effettuò in questa santa città l’ultimo pellegrinaggio della sua vita (questo pellegrinaggio è noto col nome di Hàjjat-ul-Widà, che significa pellegrinaggio d’addio).

 

 

Dopo aver compiuto i riti del pellegrinaggio e avere impartito alla gente alcune necessarie istruzioni relative a questo importante atto di adorazione, rientrò a Medina. Durante il viaggio di ritorno, fece fermare la carovana in una località chiamata Ghadir. Ivi, dinanzi a centoventimila pellegrini, venuti da ogni parte della penisola arabica, il Profeta sollevò la mano di Alí e lo proclamò suo successore.

 

Con tale atto l’Inviato di Dio designò la persona che, dopo la sua morte, avrebbe dovuto guidare la società islamica, dirigerne gli affari, custodire il sacro Corano e la tradizione del Profeta e conservare le conoscenze e le leggi religiose; il profeta Muhammad (S) ubbidí in tal modo all’ordine datogli da Dio:

 

"O Profeta, comunica alla gente ciò che ti è stato rivelato dal tuo Signore e {sappi che} se non lo farai, non avrai compiuto la Sua missione” (Santo Corano,5:67)

 

Poco tempo dopo aver fatto ritorno a Medina il sommo Profeta morí.

 

 

 

L'insediamento del Profeta a Medina e il progresso dell'Islam

 

L’invito del profeta dell’Islam a Medina si innalzò e raggiunse tutte le case, tutti i circoli, si propagò in ogni vicolo, in ogni quartiere. La gente si convertí a schiere, gli abitanti della Mecca, di Medina e i membri delle varie tribú della zona si sottomisero tutti all’Islam. Insomma, nel corso dei dieci anni del soggiorno del Profeta a Medina, l’Islam arrivò a conquistare completamente la vasta penisola arabica.

 

Durante questi dieci anni, il sommo Profeta si preoccupò senza posa della sua divina missione: insegnava alla gente i princípi, le norme etiche e i precetti rivelatigli dal Signore Eccelso, esortava gli individui al bene e alla rettitudine, rispondeva alle loro domande, disputava con gli oppositori e i sapienti delle altre religioni (in special modo con i sapienti giudei) e dirigeva gli affari statali, garantendo il normale svolgimento della vita quotidiana della gente. Egli costruí a Medina la famosa Moschea del Profeta (Masjíd an-Nabí) e altre ancora furono erette successivamente. Mandò inoltre diversi missionari a predicare l’Islam nelle varie regioni d’Arabia e concluse una serie di trattati con le tribú giudee della zona di Medina e con alcune tribú arabe.

 

Nonostante i pesanti oneri connessi alla sua funzione di profeta e guida della comunità musulmana, il sommo Inviato riuscí in questo decennio a dedicare una considerevole parte del suo tempo alla preghiera e al culto di Dio: digiunava spesso nel corso dell’anno, nei tre mesi di ragiàb, scia’bàn e ramadan (in modo quasi consecutivo) e in altri giorni dell’anno (per un totale di un mese). Talvolta eseguiva un particolare digiuno che consisteva nel non mangiare nulla per piú giorni e notti consecutive. Dedicava inoltre ogni giorno una parte del suo tempo alle faccende di casa; talvolta poi si guadagnava da vivere lavorando per gli altri.

 

Dio l’Altissimo, nel Corano, rievoca le vicende di questi dieci anni dicendo:

 

"I miscredenti vogliono spegnere la luce di Dio, ma Egli, a loro dispetto, perfezionerà la Sua luce. Egli è Colui che ha mandato alla gente il Suo Inviato con la Retta Guida e la Religione del Vero per farla prevalere, a dispetto dei politeisti, su tutte le altre” (Santo Corano,61:8-9)

 

{Considerando lo straordinario processo di espansione dell'Islam, dagli inizi della missione del Profeta fino ai nostri giorni, nei quali l’Islam, con piú di un miliardo di seguaci, è la prima religione del mondo, non è difficile comprendere che ci stiamo avvicinando alla completa realizzazione della promessa divina della quale parla questo versetto coranico}.

 

Dice poi in un altro versetto:

 

"Voi Musulmani siete il miglior popolo che sia stato mai creato per gli uomini, {poiché} ordinate {loro} il ma’rúf {eseguire ciò che è bene}, vietate {loro} il munkar {eseguire ciò che è male} e credete in Dio” (Santo Corano, 3:110)

 

 

 

Uno sguardo alla personalità etica e spirituale del sommo Profeta

 

Secondo indubitabili fonti storiche il sommo Profeta è cresciuto in un ambiente tra i piú abietti, ove regnavano l’ignoranza, la corruzione e il vizio. In tale atmosfera passò la sua infanzia e la sua gioventú, senza beneficiare della minima formazione scientifica.

 

Benché il profeta Muhammad (S) non adorasse idoli e non commettesse atti iniqui, pure viveva in mezzo a simili persone e la sua ordinaria vita non prospettava assolutamente un futuro clamoroso. Chi se lo sarebbe infatti aspettato un simile futuro da un orfano povero, illetterato e inesperto!

 

Una notte, mentre si trovava assorto nella preghiera, la sua personalità subí un improvviso cambiamento: da spenta com’era divenne celeste e divina. Le idee e le convinzioni millenarie della società umana divennero per lui assurde e le leggi e le dottrine umane gli apparvero tiranniche e oppressive; collegando il passato e l’avvenire del mondo, egli individuò perfettamente quale fosse il sentiero della beatitudine umana. Da quel momento in poi non vide e non sentí che il vero e dalla sua bocca non uscirono che discorsi divini, parole di saggezza e prediche celesti.

 

La sua sfera interna, impegnata nel futile e vile ambiente degli affari e del commercio a risolvere i quotidiani problemi della vita, improvvisamente si elevò ed egli decise di riformare il mondo, di correggere gli uomini, di distruggere ciò che di ingiusto ed empio si era venuto a creare in seguito a migliaia di anni di traviamento e tirannia dell’uomo.

 

Cosí, senza curarsi delle terrificanti e imponenti forze nemiche, insorse da solo per restaurare la verità. Parlò alla gente del sapere divino e dedusse tutte le verità del creato dall’unicità del creatore dell’universo. Illustrò nel migliore dei modi le sublimi qualità morali dell’uomo, scoprendo e mettendo in luce le relazioni tra di esse esistenti. Era convinto piú di qualsiasi altra persona di ciò che diceva e metteva prima in pratica lui ciò che diceva alla gente di praticare.

 

Apportò leggi e precetti comprendenti una serie di atti di adorazione che esprimono, nella piú bella delle forme, la sottomissione dell’uomo di fronte alla magnificenza e alla maestà di Dio l’Unico. Apportò inoltre altre leggi di carattere civile e penale, perfettamente in accordo tra loro e saldamente fondate sull’Unicità di Dio e sul rispetto delle sublimi qualità morali dell’uomo. Il complesso delle leggi da lui apportate (tanto per quel che concerne le norme che regolano gli atti di adorazione quanto per i rimanenti precetti islamici) è di portata cosí vasta da essere in grado di valutare tutti i problemi della vita individuale e sociale dell’uomo e le diverse necessità che insorgono col passare del tempo, e caso per caso fornire la norma adatta.

 

Secondo il sommo Profeta queste leggi sono universali e perpetue, sono in grado di soddisfare, in ogni epoca, tutti i bisogni della vita terrena e ultraterrena di tutti gli uomini. Egli affermava che gli uomini, se vogliono conseguire la beatitudine, debbono adottare il metodo di vita indicato dalla religione islamica. A tal proposito, egli stesso ha piú volte affermato: "La religione che vi ho portato garantisce la vostra felicità in questo mondo e nell’Aldilà”.

 

Egli invero non ha fatto questa affermazione in modo gratuito, è bensí arrivato a tale conclusione dopo aver esaminato la creazione e previsto il futuro dell’umanità. In altre parole, solo dopo aver riconosciuto la perfetta concordanza e armonia esistente tra le leggi da lui apportate e la costituzione fisica e spirituale dell’essere umano, e aver altresí valutato, in modo generale, i futuri cambiamenti e i danni che avrebbe subito la società islamica, ha giudicato perpetui ed eterni i precetti della propria religione. Le predizioni fatte dal sommo Profeta (giunte a noi documentate da indiscutibili prove storiche) illustrano la situazione generale del mondo islamico, dopo la sua morte, per un lunghissimo periodo di tempo.

 

Il nobile Profeta svolse tutte le opere che abbiamo in precedenza citato nel corso di ventitré anni, di cui tredici passati a sopportare le torture e i tormenti intollerabili dei miscredenti della Mecca e dieci a combattere sia il nemico esterno sia quello interno (gli ipocriti e gli ostruzionisti), a dirigere gli affari della comunità islamica, a correggere i Musulmani nelle loro convinzioni, nel loro carattere e nella loro condotta e a risolvere migliaia di altri problemi. Il Profeta percorse questo lungo cammino grazie all’incrollabile decisione di aderire al vero e di restaurare la verità. Il suo pensiero realista non conosceva che la verità e non faceva alcun caso a ciò che era contrario a essa, sebbene fosse favorevole ai propri interessi o in accordo con le tendenze e i sentimenti comuni. Egli accettò, di tutto cuore e senza mai piú rinnegarlo, quel che egli riconobbe essere vero e rifiutò, senza mai piú accettarlo, quel che era falso.

 

 

 

Una personalità spirituale straordinaria

 

Se riflettiamo obiettivamente e in tutta onestà su quanto è stato esposto nel paragrafo precedente non ci rimarrà alcun dubbio sul fatto che, nelle circostanze citate, la comparsa di una simile personalità non poteva essere che un miracolo, non poteva avere altra causa che la particolare grazia divina.

 

Dio nel Corano ricorda a piú riprese che all’inizio il Profeta era illetterato, orfano e indigente, e, considerando un miracolo la personalità che gli donò, si serve di essa per dimostrare che egli è realmente un profeta:

 

"Non eri forse quell’orfano al quale il Signore diede rifugio e protezione? Non eri forse quello sconosciuto che Dio rese famoso e rinomato? Non eri forse quell’indigente che Egli rese autonomo?” (Santo Corano,93:6-8)

 

"Prima di diventare profeta, prima della rivelazione del Corano, non sapevi né leggere né scrivere” (Santo Corano,29:48)

 

Se dubitate riguardo a ciò che abbiamo rivelato al nostro servo (Muhammad (S), che è cresciuto in un ambiente ove regnava l’ignoranza e la corruzione e che non ha ricevuto alcuna istruzione e formazione) portate una sura di quelle {rivelate} da una persona simile a Muhammad (S)” (Santo Corano,2:23)

 

 

 

L'esemplare condotta del sommo Profeta

 

L’unica base sulla quale il nobile Profeta ha istituito il fondamento della sua religione è il principio di unicità divina, che egli considerava come la fonte della beatitudine umana. Secondo questo principio Dio, l’Unico, è il creatore dell’universo, è degno di essere adorato e non ci si può prosternare se non davanti a Lui.

 

La condotta che deve essere perciò adottata dall’intera umanità consiste nell’accettare comunemente la parità di tutti gli uomini, far regnare la fratellanza e non sottomettersi incondizionatamente se non a Dio. A tal proposito il Signore Altissimo dice:

 

"{O Profeta} di’: ‘O Gente del Libro, aderite a un principio comunemente accettato da noi e da voi: non adoriamo altri che Dio, non associamogli pari e nessuno di noi prenda altri al posto di Dio come padroni e dominatori assoluti” (Santo Corano,3:64)

 

Il nobile profeta Muhammad (S) non mirava che a diffondere la religione monoteista, invitava la gente a aderire al principio dell’unicità divina nel modo piú educato, piú gentile, con le piú efficaci prove e con le piú chiare dimostrazioni, raccomandando ai suoi seguaci di seguire questo stesso metodo. Del resto tutto ciò gli era stato ordinato da Dio l’Altissimo:

 

"{O Profeta} di’: ‘Il mio metodo è questo: io invito a Dio con assoluta perspicacia e lo stesso fanno i miei seguaci’” (Santo Corano, 12:108)

 

Il sommo Profeta si comportava in modo fraterno e giusto con tutti. Nell’eseguire le sentenze e nel far scontare le pene non faceva mai discriminazioni ed eccezioni. Per lui non v’era differenza tra chi conosceva e chi non, tra il potente e il debole, il ricco e il povero, l’uomo e la donna, il nero e il bianco: dava a ognuno quanto secondo i precetti e le leggi della religione gli spettava. A tal proposito diceva: "Se mia figlia Fatima, che è la persona a cui voglio piú bene, rubasse, le taglierei la mano”.

 

Sotto il suo governo nessuno aveva il diritto di dominare e opprimere gli altri e la gente, nell’ambito della legge, aveva massima libertà (non ha invero senso parlare di libertà fuori dell’ambito della legge, non solo nell’Islam ma in qualsiasi altra legge). È a questo metodo incentrato sulla libertà e sulla giustizia sociale che fa riferimento Dio l’Altissimo, allorquando presenta il suo diletto profeta Muhammad (S):

 

"Io attribuirò la Mia misericordia a coloro che Mi temono, pagano la zakàt e credono nei Nostri segni, gli stessi che seguono l’Inviato, il Profeta Illetterato, che essi trovano descritto presso di loro nella Torà e nel Vangelo. Egli ordina loro di compiere ciò che essi insitamente comprendono essere bene, vietando loro ciò che in modo naturale e insito riconoscono non essere bene. Egli rende loro lecite le cose pure e gradevoli, proibendo quelle immonde; li libera da ogni norma gravosa e difficile e spezza le catene che li privano della loro libertà. Coloro che gli hanno prestato fede, lo hanno rispettato, lo hanno aiutato e hanno seguito la luce discesa su di lui (il Corano), sono i beati. O Profeta di’: ‘O gente io sono stato inviato da Dio a tutti voi! (ovvero: ‘Eseguirò tra voi la legge che Dio mi ha prescritto’)” (Santo Corano,7-156-158)

 

La pratica di vita del Profeta si modellava in maniera perfetta sui comandamenti che il signore gli impartiva. È per questo che egli non si concesse mai alcun privilegio e, di conseguenza, agli occhi di chi non lo conosceva sembrava una persona comune, come tutte le altre.

 

Faceva i lavori domestici, riceveva di persona tutte le persone che volevano incontrarlo e ascoltava le parole di chi aveva delle richieste da fargli. Non sedeva sul trono e nelle riunioni non occupava mai il posto d’onore; si spostava senza seguito e senza cerimoniale. Quando otteneva un bene si prendeva l’indispensabile per vivere e donava il resto ai poveri; talvolta poi donava tutto ai poveri e sopportava la fame. Egli viveva sempre come i poveri ed era loro compagno.

 

Nulla trascurava nel rivendicare i diritti della gente, ma per quel che riguardava i propri si mostrava pieno di perdono e indulgenza. Al tempo della conquista della Mecca, quando gli portarono i capi della tribú dei Quraish, nonostante tutte le ingiustizie che gli avevano fatto prima dell’Egira e tutti i tumulti che avevano provocato dopo di essa, senza dimostrare la minima severità, li perdonò tutti.

 

Il sommo Profeta era, per il suo carattere e le sue virtú umane, citato ad esempio sia dagli amici sia dai nemici; la sua socievolezza, la sua affabilità, la sua pazienza, la sua modestia, la sua padronanza di sé e il suo decoro erano senza eguali. È per questo che il Corano lo loda in questi termini:

 

"Invero tu possiedi un carattere veramente magnifico” (Santo Corano,68:4)

 

Ogni volta che il Profeta incontrava qualcuno, anche quando si trattava di un bambino, di una donna o di un dipendente, egli salutava per primo. Un giorno uno dei suoi compagni gli chiese il permesso di prosternarsi dinanzi a lui. Egli rispose: "Che cosa dici?! Questi sono i modi di Cesare e Cosroe! Io sono un profeta, un servo di Dio!”

 

Da Quando fu incaricato da Dio di divulgare l’Islam e di guidare la gente sul retto sentiero, si applicò senza posa e senza la minima distrazione, e senza il minimo errore portò a termine la propria missione.

 

Durante i tredici anni della sua missione vissuti prima dell’Egira alla Mecca, nonostante gli estenuanti problemi creatigli dai politeisti arabi, era costantemente occupato a adorare Dio e divulgare la Sua religione. Nel corso dei dieci anni successivi della sua missione, nonostante i crescenti problemi creatigli dai nemici della religione e nonostante l’ostruzionismo attuato dai Giudei e dalla gente ipocrita, che si fingeva musulmana, riuscí a propagare tra la gente le conoscenze e i precetti dell’Islam (a dispetto della grandissima estensione che tali conoscenze e tali precetti hanno) e affrontò ben ottanta guerre con i nemici di questa religione.

 

Oltre ad occuparsi dell’amministrazione e della gestione della nazione islamica (che allora consisteva nell’intera penisola arabica) si occupava, in modo diretto e personale, anche delle lamentele e delle esigenze personali della sua gente.

 

Per quanto riguarda il suo coraggio, basti ricordare che, con il suo sincero invito, insorse da solo contro l’intero mondo, in un’era nella quale non regnava che la prepotenza e l’ingiustizia, e sopportò tutte le torture e i tormenti dei tiranni, senza mai perdersi d’animo. In guerra non indietreggiò mai davanti al nemico.

 

Il sommo Profeta si manteneva sempre assai pulito e ordinato; egli a proposito della pulizia disse: "La pulizia è parte della fede”.

 

Oltre a curare la pulizia degli abiti e del corpo, vestiva anche in modo elegante e usciva sempre con il miglior aspetto; oltre a ciò amava molto i profumi.

 

Nel corso della sua vita non cambiò mai carattere e finí i suoi giorni conservando quell’umiltà e quella modestia che lo contraddistinguevano. Benché occupasse una posizione eccezionale non si concesse mai alcun privilegio che dimostrasse il suo elevato valore sociale. In vita sua non insultò mai nessuno, non parlò mai invano, non rise mai in modo rumoroso e sguainato e non si comportò mai in modo superficiale e vano.

 

Amava molto meditare e riflettere. Ascoltava completamente le parole degli afflitti e le proteste degli obiettori, quindi rispondeva; non interrompeva mai le parole di nessuno e non sopprimeva la libertà di pensiero. Faceva tuttavia notare alle persone i loro errori, riempiendo cosí le loro lacune.

 

Il sommo Profeta era assai gentile e dimostrava sempre una grande sensibilità rispetto alle altrui sofferenze. Tuttavia era rigoroso nel punire i criminali e i malfattori. Nell’eseguire le leggi divine non faceva discriminazioni tra la gente. In un furto avvenuto nella casa di uno degli Ansàr erano accusati un Giudeo e un Musulmano. Molti degli Ansàr, al fine di preservare l’onore dei Musulmani e vista l’aperta ostilità dei Giudei nei confronti della comunità islamica, vennero dal Profeta e gli chiesero insistentemente di punire l’Ebreo. Il Profeta però, siccome vide che la richiesta era illegittima, prese manifestamente le parti del Giudeo e condannò il Musulmano.

 

Durante la battaglia di Badr, mentre ordinava le schiere del proprio esercito, si accorse di un soldato che si era disposto un po’ piú avanti degli altri. Con il bastone che aveva in mano fece allora pressione sul ventre del soldato al fine di ordinare la schiera; quest’ultimo gli disse: "O Inviato di Dio, giuro su Dio che ho sentito male al ventre e devo dunque vendicarmi”. Il Profeta gli diede allora il bastone e, denudandosi il ventre, disse: "Rendimi dunque la pariglia”. Il soldato però, invece di colpire, si precipitò verso il Profeta e ne baciò il ventre. Disse quindi: "So che sarò ucciso oggi! Volevo solo prendere contatto con il tuo sacro corpo”. Poco dopo quell’uomo caricò il nemico e si batté finché non cadde martire.

 

Il sommo profeta Muhammad (S) proteggeva sempre i deboli e gli oppressi; raccomandava ai suoi compagni di comunicargli, senza nulla trascurare, le necessità dei bisognosi e le lamentele dei deboli. Si racconta che le ultime parole della sua vita le proferí per fare una raccomandazione riguardo agli schiavi e alle donne. Su di lui e sulla sua venerata famiglia sia la benedizione di Dio.

 

 

 

Tratto da: Allamah Tabataba'i "Compendio della Dottrina Islamica", Majma Jahani Ahlulbayt.

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