Secondo il rapporto l'incremento del 2017 rispecchia una pericolosa tattica dei ribelli. Nella maggior parte degli attacchi di questo tipo sono state utilizzate ragazze. Per questo, le ragazze, i ragazzi e anche i bambini vengono visti con maggiore timore presso i mercati e ai checkpoint, in quanto si sospetta che trasportino esplosivo.
"Nei primi tre mesi di quest’anno, il numero di bambini utilizzati in attacchi con bombe equivale quasi al numero complessivo dello scorso anno”, ha dichiarato Marie-Pierre Poirier, direttore regionale Unicef per l’Africa Centrale e Occidentale. "Questi bambini sono vittime, non colpevoli. Costringerli o raggirarli per utilizzarli in questo modo è riprovevole”.
Il rapporto, lanciato tre anni dopo il rapimento di oltre 200 studentesse a Chibok, fornisce racconti preoccupanti di bambini cresciuti in cattività per mano di Boko Haram e su come questi bambini siano guardati con sospetto quando tornano nelle proprie comunità.
Nelle interviste, molti bambini che sono stati associati a Boko Haram hanno dichiarato di non parlare con nessuno della loro esperienza perché hanno paura sia di essere stigmatizzati sia di possibili rappresaglie violente da parte delle loro comunità. Molti di loro sono costretti a sopportare gli orrori subiti in silenzio e si allontanano da altri gruppi per paura di essere banditi o stigmatizzati.
Il rapporto, inoltre, sottolinea le sfide che le autorità locali devono affrontare con i bambini che sono stati fermati ai checkpoint e presi in custodia amministrativa per fare loro domande e controlli, facendo crescere la preoccupazione sui prolungati periodi di custodia. Nel 2016 circa 1500 bambini sono stati in custodia amministrativa in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun.
L'Unicef conclude il rapporto chiedendo alle parti in conflitto di porre fine alle gravi violazioni di Boko Haram contro i bambini, di trasferire i bambini da contesti militari a civili il prima possibile e di garantire cure e protezione ai bambini separati e non accompagnati.
TPI