Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico, il mese in cui venne rivelato il Corano, ed è il tempo di riflessione spirituale e di una maggiore devozione al culto.
Anche tra le rovine della Striscia di Gaza si celebra il mese sacro del Ramadan tra miseria e disperazione. Bombardamenti e confini sigillati hanno ridotto questa striscia di terra in un grande campo di concentramento a cielo aperto. Un campo di concentramento “non condannato” dalla storia e dalla comunità internazionale, dove ormai si muore per nulla, anche per una semplice malattia. Ma per le cosiddette democrazie occidentali va bene così. Alle condizioni disumane a cui sono costretti a vivere i gazawi, bisogna considerare anche i massacri sistematici attuati dal regime israeliano.
La Striscia di Gaza è vittima un disumano assedio israeliano dal 2007. Il blocco ha causato un declino del tenore di vita e livelli senza precedenti di disoccupazione e povertà inesorabile. Oltre a imporre il suo blocco, il regime sionista ha lanciato diverse guerre contro l’enclave costiera assediata.
Un rapporto delle Nazioni Unite del 2017 ha previsto che l’enclave assediata, che ospita circa due milioni di palestinesi, diventerà a breve invivibile. “Oggi, con oltre il 53% di disoccupazione nella popolazione di Gaza e con oltre un milione di persone dipendenti da sussidi trimestrali dell’Unrwa, l’azione umanitaria preventiva delle agenzie delle Nazioni Unite e le rimesse dall’estero hanno impedito a Gaza il collasso totale”, ha aggiunto l’Unrwa.
Ma questa incredibile tragedia umanitaria non ferma la fede e il coraggio dei gazawi che, tra miseria e disperazione, non dimenticano mai di rinnovare quell’atto di fede, rimasto ormai l’unica arma di fronte ai crimini dell’oppressore e all’indifferenza dei complici.
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