IQNA

Lo Sciismo a Roma, intervista a Shaykh Abbas

23:53 - June 02, 2023
Notizie ID: 3489119
Iqna - Primo italiano ad essersi specializzato nelle scienze tradizionali islamiche di orientamento sciita ed aver ottenuto il riconoscimento di Thiqatulislam e Hujjatulislam presso scuole teologiche di rilievo a Londra, Damasco e Qum, Shaykh Abbas Di Palma è presidente dell’Associazione Islamica “Imam Mahdi” ed oggi avremo modo di intervistarlo. Dalle attività svolte dall’Associazione ai punti di incontro con la religione cristiana passando per i falsi miti sull’Islam cercheremo di fare luce attraverso una testimonianza diretta su uno dei temi più spinosi dell’odierna società

Lo Sciismo a Roma, intervista a Shaykh Abbas

 

Quali sono gli obiettivi dell’Associazione Islamica “Imam Mahdi”?

A partire dal suo sodalizio iniziale l’Associazione Islamica “Imam Mahdi” è attiva nel nostro territorio da circa un ventennio. Tra i motivi principali della sua creazione vi fu il volere di colmare un vuoto per i musulmani sciiti italiani, o presenti nel Paese per motivi di studio o lavoro, che si trovavano a fronteggiare sfide quotidiane per poter vivere integralmente la propria fede; ciò in aggiunta al necessario sostegno morale e spirituale che fino ad allora mancava, o perlomeno non era sufficiente per il credente comune. Dopo aver fatto fronte all’esigenza di avere un luogo fisico nella capitale come punto di riferimento per la preghiera e atti devozionali comunitari, si sono poi avviati progetti culturali sia internamente alla comunità che per l’esterno. Gli scopi si muovono dunque su due fronti principali: quello spirituale, per migliorare sé stessi avvicinandoci a Dio attraverso l’esperienza della fede, e quello comunicativo onde eliminare chiarire dubbi e incomprensioni che un non-musulmano potrebbe coltivare in relazione alla religione dell’Islam.

 

Quale è stato l’impatto della struttura nel quartiere?

Le relazioni con la gente presso il nostro Centro Islamico sono buone, non abbiamo mai avuto problemi e viviamo tra la gente. Qualche mendicante della zona pensa sempre che sia un prete ortodosso e ciò, per quanto simpatico possa sembrare, è anche indice di una certa distanza tra la percezione di un certo strato sociale e la nostra realtà islamica che seppur ben radicata non è ancora stata fatta ben conoscere, o perlomeno non gli è stata data la possibilità di farlo. È pur vero che l’opinione pubblica oscilla in base a quanto riceve dai canali di informazione, che certamente non pende verso l’Islam o i musulmani, ma la testimonianza dei credenti nei vari strati della società e il loro contributo fungono provvidenzialmente da contrappeso contro quella macchina di propaganda, omertà e collusione con poteri forti con la quale ormai noi, da musulmani, siamo abituati a coesistere; e questo è avvenuto anche nel nostro quartiere tra la nostra gente.

Perché l’Islam fa paura ad una parte della società?

La gente ha paura di ciò che non conosce e la fobia nasce dall’ignoranza. In tutti questi decenni di massiccia presenza dei musulmani in Italia, l’Islam è stato ostruito e volutamente ne è stata impedita la conoscenza. Non si tratta di una lamentela ma di un dato di fatto, che i musulmani nel nostro Paese d’ogni scuola e provenienza ben sanno ed hanno vissuto in prima persona. Così dicendo non si vuole neanche puntare il dito contro chi in tutti questi anni non ha avuto i mezzi di farsi una cultura sufficiente in materia d’Islam e dunque propugna un’opinione distorta di esso senza malafede alcuna; questi infatti è semplicemente vittima dei mali della società nostrana e viene sbattuto a destra e manca tra le onde tempestose nell’oceano dei luoghi comuni. D’altra parte e non a caso l’Islam riconosce il conseguimento della conoscenza come un obiettivo primario, perché è proprio attraverso di essa che è possibile rendersi conto di quale sia effettivamente la situazione attuale e fattuale.

Quali sono i punti reali d’incontro tra Islam e Cristianesimo

Come è ben noto Islam e Cristianesimo hanno divergenze nette in materia di fede, in particolare le questioni inerenti alla trinità e all’incarnazione sono dottrinalmente inconciliabili. Nonostante ciò il Corano invita musulmani e cristiani a giungere ad una “parola comune” riconoscendo il Cristianesimo non solo a livello sociale e giuridico ma anche come religione de facto, e dunque attribuendogli un valore spirituale con ripercussioni a livello escatologico poiché in certi passi coranici si parla di possibilità di salvezza per i cristiani così come di tutti coloro che hanno ricevuto una Sacra Scrittura in termini più generali. Secondo una prospettiva islamica, questa “parola comune” è proprio quell’Islam che è stato ancora preservato nelle “religioni del Libro” come la gran parte degli aspetti morali ed etici, la necessità della preghiera e della comunione con Dio, e i principi cardine insiti nelle varie teologie come il monoteismo, l’ubbidienza a Dio, l’Avvenire e la vita eterna dopo la morte. La messa in pratica di tali principi invece varia non solo in base alla religione d’appartenenza ma a volte anche a quella di una data scuola all’interno di una religione. In termini generali quello che accumuna tutte le varie sfumature sono quei fondamenti dai quali il credente non può venir a meno come quelle citate.

Per studio ha viaggiato moltissimo, quale paese l’ha colpita di più e perché?

Nonostante abbia viaggiato in diversi paesi, quelli in cui ho soggiornato per motivi di studio sono stati tre: Inghilterra, Siria e Iran. Ognuno di questi, con le sue caratteristiche particolari, ha contribuito in vario modo al perseguimento degli studi. L’Inghilterra, Londra in particolare, è nel cuore dell’Occidente e dunque il confronto c’è stato con una diversità che molti considererebbero agli antipodi non solo sul piano sociale ma anche intellettuale ed epistemologico. È pur vero che l’Occidente moderno sta cercando in qualche modo di assimilare il distante mondo della spiritualità diluendolo in una bevanda che cerca di rendere meno amara possibile ma i presupposti teologici e giuridici rimangono pur sempre distanti anni luce da quel nuovo mondo che con la tradizione ha poco o niente a che fare. Dunque questo tipo di studio volente o nolente è sfociato in un dialogo a volte anche dai toni accesi ma pieno di spunti di riflessione e meditazione per un uomo di fede. In Siria invece è stato come far visita a un panteon di religioni dove la vita sociale si armonizza ai credi dei suoi abitanti di varie confessioni e denominazioni. Ivi la possibilità di poter vivere la propria religione mettendo Dio al centro della propria vita non è solo un’ipotesi o un’analisi mentale ma avviene veramente anche tra il volgo al punto di diventare una consuetudine giornaliera. Lo stesso vale per l’Iran, il quale però ha un’altra peculiarità ossia quella di essere un paese per la quasi totalità sciita, e dunque l’aria che si respira è quella non solo di una particolare religione ma di una particolare confessione intorno alla quale ruota da secoli la vita sociale e politica di chi vi abita. Certo, se dovessi dire quale sia stata l’esperienza più significativa, non potrei non citare il pellegrinaggio alla Mecca, centro della vita spirituale del musulmano, imparagonabile ai soggiorni di studio o ad altre esperienze come posson esser state l’Iraq o il Libano. Detto questo, ogni realtà a suo modo ha tanto da offrire a conferma del fatto che non v’è un confine che possa esser posto all’uomo il quale naturalmente manifesta le proprie esigenze spirituali in base al contesto in cui vive.

Spesso si confonde religione con terrorismo e politica, come si esce da questa metodica?

Quello che noi chiamiamo religione nel Corano si chiama “Din”. Il termine implica i concetti di remunerazione e retribuzione volendo dunque sottolineare il fatto che in natura ogni azione richiama una reazione o una conseguenza. Essendo il discorso religioso di tipo spirituale, diventa infine chiaro che ogni causa e effetto si estendano a ogni dimensione d’esistenza e dunque anche sul piano metafisico, non solo fisico e biologico. L’errore inverso che vien fatto soprattutto dalle nostre parti è quello di ritenere l’aspetto religioso di pertinenza esclusiva dell’Avvenire, abbandonando l’umanità a sé stessa, costringendo l’uomo a trovare soluzioni che lo portano poi a opprimere i suoi simili attraverso la politica in quanto incapace da solo di fornire una giusta direzione per far fronte alle esigenze di ognuno. La religione, così come la concepiamo, offre risposte e soluzioni anche per rimediare alle anomalie e squilibri della società nostrana attuale. Purtroppo l’uomo, all’infuori di coloro che credono e compiono il bene, è in perdita e coloro attaccati ormai da troppo tempo alle poltrone, non essendo in grado di fornire soluzioni tangibili hanno dovuto creare dei mostri, spesso derivati da astrazioni mentali sfociati poi nei vari Frankenstein dell’Occidente come quello del cosiddetto “terrorismo islamico” che preso in sé stesso è un ossimoro privo di significato ma che poi i media han potuto presentare nella modalità a loro più idonea. Si badi bene però che quello del terrorismo è solo uno dei tanti cavalli di Troia che vengono mostrati al pubblico poiché il pacchetto non finisce qui, oggi vengono utilizzati mezzi ancor più sottili come per esempio quello della “legalità”, ossia far pressione per passar leggi anti-islamiche che colpiscono i musulmani nelle loro vite, come è avvenuto in diversi paesi europei su questioni come la presunta laicità della scuola e del lavoro, oppure l’indottrinamento che avviene in molte scuole e università in cui ci si ostina a ignorare o “studiare attentamente” l’Islam da una prospettiva esclusivamente profana e desacralizzante. Per uscire da questa situazione si dovrebbero avviare programmi scientifici e culturali degni di questo nome e non solo di facciata, in aggiunta ad un utilizzo più onesto dei mass-media e delle agenzie di stampa, anche governative, che invece di censurare le informazioni provenienti dai luoghi sacri e dai centri di insegnamento tradizionale, dovrebbero piuttosto cercare di apprendere qualcosa di nuovo. Potrebbero sembrare forse parole un po’ dure queste, ma quello che abbiamo vissuto in tutti questi anni e portato sulle nostre spalle necessita di un cambiamento radicale che non può continuare con le accettazioni passive e rassegnazioni di quasi due miliardi di persone nel mondo.

Nonostante siano parole presenti su gran parte dei media si fa ancora confusione tra sciiti e sunniti, quali sono le principali differenze tra questi due rami?

Sunniti e sciiti rappresentano oggigiorno la quasi totalità della comunità islamica. Storicamente la componente sunnita si è sviluppata presso le corti dei vari sultanati e califfati mentre quella sciita ha rappresentato una voce alternativa a quella ufficiale prevalente. In alcune correnti sciite è chiaro il tentativo di fornire un’altra lettura a fonti islamiche già esistenti, ossia quelle sunnite, divergenti dalla narrativa ufficiale dei vari governi di turno; altri sciiti però sono stati in grado di staccarsi radicalmente dallo status quo e presentare fonti e metodologie totalmente indipendenti da quelle in uso presso chi deteneva il potere centrale. Formalmente ci vien detto che il problema principale sarebbe quello della successione al Profeta dell’Islam Muhammad: i sunniti ritengono che la successione sia passata ai “califfi ben guidati” mentre gli sciiti agli “imam della gente del Profeta”, nomi, personalità e relativi dettagli su di essi sono reperibili nei libri di storia e dottrina islamica. Rilegare il tutto a una rivendicazione di tipo regale è però una lettura sbagliata e superficiale degli eventi. La diatriba inerente alla successione è infatti strettamente correlata al ruolo stesso del successore e dunque all’applicazione della giustizia e all’arte di governare. Le figure di riferimento a tal riguardo variano in ordine di importanza in base alle due scuole, ma la cosa fondamentale a tal riguardo non è tanto la priorità di questa o quella figura quanto la necessità di applicare la giustizia. Se la visione sunnita prevalente nei primi tempi dell’Islam riteneva che il Califfo avrebbe dovuto salvaguardare l’ortodossia e l’ortoprassi islamica, promuovendo l’Islam e la possibilità di praticare la religione su larga scala, gli sciiti aggiunsero a ciò il dovere di stabilire e mantenere giustizia e quindi un governo tiranno, foss’anche promotore nominale dell’Islam e dei luoghi di culto, e sostenuto da un apparato di studiosi musulmani, non avrebbe avuto alcuna legittimità e andava sostituito anche attraverso una rivolta popolare se possibile. La dinamicità della storia ha poi fatto sì che le due scuole prendessero pieghe diverse, o addirittura si prestassero vicendevolmente alcune nozioni dottrinali, quel che notiamo però in origine è questo particolare approccio inerente alla questione della giustizia.

Dal cattolicesimo all’Islam: com’è avvenuto questo passaggio della sua vita?

Oggi sicuramente molto meno, ma ai miei tempi la stragrande maggioranza della popolazione in Italia veniva educata al cattolicesimo. Quando poi si giunge all’età della maturità è naturale porsi domande, si vuole conoscere attraverso l’esperienza e dunque a volte si ricerca anche fuori dal proprio bagaglio culturale. È quanto mi è successo fino a che mi sono imbattuto nell’Islam che saggiamente ha sistematizzato e completato i miei traguardi trascorsi che avevo fino allora ammassato alla rinfusa. Decisamente non si è trattato di abbracciare una nuova cultura, anche perché ne sarei sempre stato estraneo, ma di esser giunto a una visione realistica delle cose e quindi universale, “cattolica” appunto.

 

 



www.2duerighe.com/interviste/151664

captcha