IQNA

Nell'Africa quasi senza medici a rischio la vita di 40 milioni di persone

23:58 - April 21, 2020
Notizie ID: 3484982
Iqna - Mentre circa mezzo miliardo di persone sono nell'estrema povertà mentre ristagnano gli aiuti internazionali verso i paesi in via di sviluppo

In Africa, ci sono 2 medici ogni 10 mila abitanti. Senza un immediato cambio di marcia a rischio la vita di 40 milioni di persone, con mezzo miliardo di persone a livello globale che rischiano di finire in povertà estrema. E tutto questo mentre ristagnano gli aiuti internazionali verso i paesi in via di sviluppo.

 

 

I dati preliminari del Comitato sviluppo (Dac) dell’Ocse  (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) mostrano come la spesa complessiva da parte dei 30 Paesi membri nel 2019 sia aumentata solo dell’1,4% in termini reali rispetto al 2018 (da 149,4 a 152,8 miliardi di dollari). Mentre l’aiuto umanitario è calato del 2,9%. Un progresso quindi insufficiente in uno scenario globale “normale”, e totalmente inadeguato in tempi di emergenza da Coronavirus.

 

L’Aiuto mancante

 

Soprattutto in Paesi in Africa, Medio Oriente e Asia, già colpiti da crisi umanitarie gravissime, dove ampie fasce della popolazione sono costrette in povertà estrema, senza l’accesso minimo a cure di base. Un triste scenario, in cui l’anno scorso i paesi ricchi hanno destinato in media solo lo 0,30% del proprio reddito nazionale lordo agli aiuti allo sviluppo, rispetto allo 0,31% del 2018. Una percentuale lontanissima rispetto al percorso a tappe che dovrebbe condurre a centrare l’obiettivo dello 0,7% entro il 2030, fissato ormai 50 anni fa e raggiunto a oggi solo da Svezia, Norvegia, Regno Unito, Lussemburgo e Danimarca. È l’allarme diffuso nei giorni scorsi da Oxfam mentre la crisi sanitaria ed economica provocata dal Coronavirus potrebbe far precipitare mezzo miliardo di persone sotto la soglia della povertà estrema e costare la vita di 40 milioni di persone nei paesi in via di sviluppo. Se la pandemia sta causando sofferenze immense in paesi, come l’Italia che ha uno dei migliori sistemi sanitari pubblici e universalistici del mondo, possiamo solo immaginare gli effetti devastanti che si produrrebbero, con l’espansione del contagio in un continente come l’Africa che vede un rapporto di 2 medici e 11 infermieri ogni 10.000 abitanti a fronte dei 36 medici e 80 infermieri per 10.000 persone in Europa. In Repubblica Centrafricana al momento sono disponibili solo 3 ventilatori polmonari per l’intera popolazione. 

 

Africa a rischio

 

L’impatto del virus – rimarca Oxfam - sarebbe tragico in Paesi dove la maggioranza della popolazione vive in condizioni di povertà estrema o dove l’accesso ai servizi sanitari è fortemente diseguale e del tutto insufficiente”, spiega Francesco Petrelli, senior advisor per finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia. 

 

Italia, Aps ancora in diminuzione

 

L’Italia fa registrare nel 2019, per il secondo anno consecutivo, una diminuzione del proprio Aiuto pubblico allo sviluppo che arretra dallo 0,25% allo 0,24% sul Rnl (Ricchezza nazionale lorda). Con buona probabilità, i dati finali faranno segnare un ulteriore diminuzione di questa percentuale.  Ciò è dovuto alla drastica riduzione degli arrivi di migranti nel nostro Paese, che inciderà sulle risorse destinate per i costi dell’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo.  Un dato che causerà un ulteriore probabile calo delle risorse stanziate per questo capitolo di spesa, a causa dell’entrata in vigore di regole di rendicontazione più stringenti definite dall’Ocse, che tengono conto solo del costo degli arrivi dei migranti negli ultimi 12 mesi.

 

Per partecipare allo sforzo internazionale, necessario per gestire e superare l’emergenza da coronavirus, serve oggi invertire la rotta: concentrando le risorse, su paesi e settori cruciali, sostenendo le reti di protezione sociale, attraverso programmi di rafforzamento della salute, dell’igiene, dell’istruzione. Diventa quindi necessario non indietreggiare sul rispetto degli impegni nazionali in materia di aiuto pubblico allo sviluppo, programmando un percorso che in tre anni, possa arrivare a destinare almeno lo 0,35% del Reddito nazionale lordo in Aps, non rinunciando a tenere fermo l’obiettivo dello 0,7% per il 2030. Dedicando almeno lo 0,10% impiegato, verso i paesi a basso tasso di sviluppo Ldc  (Least developed countries).    “Possiamo sconfiggere questa pandemia, solo se i Governi agiranno immediatamente insieme e con spirito di solidarietà con l’obiettivo comune di non lasciare indietro nessuno, nella consapevolezza di un impegno non solo morale, ma anche di una visione saggia e lungimirante dei propri interessi. Le Nazioni Unite stimano che saranno necessari 500 miliardi di dollari per fornire gli aiuti necessari a salvare milioni di vite nei Paesi in via di sviluppo - conclude Petrelli – Per questo i Paesi ricchi, che comprensibilmente in questo momento sono concentrati nel salvare la vita dei propri cittadini, sono chiamati a compiere uno sforzo ulteriore,   stanziando circa 300 miliardi di dollari in aiuti  – meno di quanto possiedono i tre più ricchi del pianeta -  aggiuntivi agli  attuali 150, per contrastare la pandemia in tanti Paesi che da soli non possono farcela, come affermato anche dall’appello congiunto dei governi e delle istituzioni  europee e africane e sottoscritto anche dal Presidente del Consiglio  Conte”.

 

Una cosa è certa: la diffusione del Coronavirus non conosce confini geografici e non fa distinzioni tra Paesi economicamente avanzati, emergenti o in via di sviluppo: ci sono però estreme disuguaglianze nelle capacità dei diversi paesi del mondo di tutelare la vita e la salute dei propri cittadini e di contrastare le drammatiche conseguenze socio-economiche della crisi. Molte nazioni, tra cui l’Italia, hanno introdotto pacchetti di stimolo economico per sostenere imprese e lavoratori, ma la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo semplicemente non ne ha la forzaLe Nazioni Unite stimano che circa la metà di tutti i posti di lavoro in Africa potrebbe andare persa.

 

“In un momento storico in cui chiediamo ai nostri partner europei solidarietà finanziaria e invochiamo un fronte comune di risposta alla crisi, non possiamo dimenticarci di chi vive in contesti particolarmente fragili.-  commenta Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia -. Nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti: occorre per questo un rinnovato patto di solidarietà tra nazioni che possa consentire ai Paesi in via di sviluppo di avere i mezzi per curare e proteggere efficacemente i propri cittadini e tutelare i propri lavoratori. Questo in molte regioni con ridotte disponibilità finanziarie e pesante indebitamento non è semplicemente possibile: basti pensare che per 46 dei Paesi più poveri al mondo le spese per debito estero a inizio 2020 superavano, in media, di quattro volte la spesa pubblica per la salute. Il Ghana è un caso emblematico: in questo Paese i pagamenti legati all’esposizione debitoria verso l’estero a inizio anno erano superiori di 11 volte alla spesa sanitaria corrente. L’annullamento di tali pagamenti per quest’anno consentirebbe al Governo di dare un sussidio di 20 dollari al mese a ciascuno dei 16 milioni di bambini, disabili e anziani del paese, per un periodo di sei mesi.”

 

Un impatto socio-economico devastante, riflesso anche dalle proiezioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), che prefigurano già oggi una riduzione complessiva del reddito da lavoro - fonte principale di sostentamento individuale - fino a 3.400 miliardi di dollari entro il 2020. Stime che potrebbero peggiorare se il lock-down economico continuasse nel tempo e i livelli occupazionali precipitassero. A questo dato si aggiunge la mancanza di tutele e prospettive per milioni di disoccupati e lavoratori impiegati nel settore informale sia nei Paesi ricchi che poveriBasti pensare che a livello globale solo 1 disoccupato su 5 ha accesso ad una qualsiasi forma di indennità di disoccupazione e che ben 2 miliardi di persone, a livello globale, lavorano nel settore informale. In maggioranza sono nei paesi poveri in cui il 90% dei posti di lavoro è informale, rispetto al 18% nelle nazioni ricche.

 

Allarme Unhcr

 

Il Covid-19 non sta solamente mietendo vittime e stravolgendo la vita delle comunità di tutto il mondo, ma sta anche comportando enormi rischi per la protezione di donne e bambine costrette a fuggire dalle proprie case, ha affermato oggi Gillian Triggs, Assistente Alto Commissario per la Protezione dell’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

 

“In questo momento storico segnato dalla pandemia, è necessario assicurare con urgenza la protezione di donne e bambine rifugiate, sfollate e apolidi, essendo tra le persone più a rischio. È necessario sbarrare le porte agli aggressori e non risparmiare alcuno sforzo per assicurare assistenza alle donne sopravvissute ad abusi e violenze”, dichiara Triggs.

 

Le politiche di isolamento, confinamento e quarantena adottate in tutto il mondo in risposta alla pandemia hanno portato a una restrizione della libertà di circolazione, una riduzione delle interazioni tra comunità, la chiusura dei servizi e a un peggioramento delle condizioni socioeconomiche. Questi fattori stanno facendo aumentare significativamente i rischi di violenze nei rapporti di coppia. 

 

“Alcune possono ritrovarsi confinate all’interno dei propri alloggi o delle proprie case, intrappolate coi propri aggressori senza alcuna opportunità di prenderne le distanze o di chiedere aiuto”.

 

“Altre, comprese quante sono prive di documenti di identità o che hanno perso i propri precari mezzi di sostentamento a seguito dei devastanti effetti economici inflitti dal Covid-19, possono ritrovarsi costrette a prostituirsi per sopravvivere o a contrarre matrimoni precoci imposti dalle famiglie. In casa, molte donne si stanno inoltre facendo carico di responsabilità sempre maggiori prendendosi cura dei propri familiari”.

 

Per coloro che sono sopravvissute a violenza o che vi sono esposte, le conseguenze del Covid-19 comportano anche un accesso limitato a servizi di assistenza vitali, quali quelli di sostegno psicosociale, sanitari e di sicurezza. A causa delle restrizioni imposte alla mobilità e delle misure di contenimento del virus, diventa più difficile accedere agli aiuti, senza dimenticare che alcuni servizi, tra i quali l’accoglienza in centri sicuri, sono stati temporaneamente sospesi, riconvertiti o chiusi. 

 

“Per preservare la vita di ogni individuo e garantirne i diritti, i governi, insieme agli attori umanitari, devono assicurare che, nella definizione dei piani nazionali di prevenzione, risposta e ripresa dagli effetti del Covid -19, terranno in considerazione i crescenti rischi di violenza a cui sono esposte donne sfollate e apolidi”, prosegue Triggs. L’Italia batta un colpo, se dalle nostre parti ha ancora senso la parla solidarietà.

 

 

globalist.it 

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