La condotta che deve essere perciò adottata dall’intera umanità consiste nell’accettare comunemente la parità di tutti gli uomini, far regnare la fratellanza e non sottomettersi incondizionatamente se non a Dio. A tal proposito il Signore Altissimo dice:
“{O Profeta} di’: ‘O Gente del Libro, aderite a un principio comunemente accettato da noi e da voi: non adoriamo altri che Dio, non associamogli pari e nessuno di noi prenda altri al posto di Dio come padroni e dominatori assoluti” (Santo Corano,3:64)
Il nobile profeta Muhammad (S) non mirava che a diffondere la religione monoteista, invitava la gente a aderire al principio dell’unicità divina nel modo piú educato, piú gentile, con le piú efficaci prove e con le piú chiare dimostrazioni, raccomandando ai suoi seguaci di seguire questo stesso metodo. Del resto tutto ciò gli era stato ordinato da Dio l’Altissimo:
“{O Profeta} di’: ‘Il mio metodo è questo: io invito a Dio con assoluta perspicacia e lo stesso fanno i miei seguaci’” (Santo Corano, 12:108)
Il sommo Profeta si comportava in modo fraterno e giusto con tutti. Nell’eseguire le sentenze e nel far scontare le pene non faceva mai discriminazioni ed eccezioni. Per lui non v’era differenza tra chi conosceva e chi non, tra il potente e il debole, il ricco e il povero, l’uomo e la donna, il nero e il bianco: dava a ognuno quanto secondo i precetti e le leggi della religione gli spettava. A tal proposito diceva: “Se mia figlia Fatima, che è la persona a cui voglio piú bene, rubasse, le taglierei la mano”.
Sotto il suo governo nessuno aveva il diritto di dominare e opprimere gli altri e la gente, nell’ambito della legge, aveva massima libertà (non ha invero senso parlare di libertà fuori dell’ambito della legge, non solo nell’Islam ma in qualsiasi altra legge). È a questo metodo incentrato sulla libertà e sulla giustizia sociale che fa riferimento Dio l’Altissimo, allorquando presenta il suo diletto profeta Muhammad (S):
“Io attribuirò la Mia misericordia a coloro che Mi temono, pagano la zakàt e credono nei Nostri segni, gli stessi che seguono l’Inviato, il Profeta Illetterato, che essi trovano descritto presso di loro nella Torà e nel Vangelo. Egli ordina loro di compiere ciò che essi insitamente comprendono essere bene, vietando loro ciò che in modo naturale e insito riconoscono non essere bene. Egli rende loro lecite le cose pure e gradevoli, proibendo quelle immonde; li libera da ogni norma gravosa e difficile e spezza le catene che li privano della loro libertà. Coloro che gli hanno prestato fede, lo hanno rispettato, lo hanno aiutato e hanno seguito la luce discesa su di lui (il Corano), sono i beati. O Profeta di’: ‘O gente io sono stato inviato da Dio a tutti voi! (ovvero: ‘Eseguirò tra voi la legge che Dio mi ha prescritto’)” (Santo Corano,7-156-158)
La pratica di vita del Profeta si modellava in maniera perfetta sui comandamenti che il signore gli impartiva. È per questo che egli non si concesse mai alcun privilegio e, di conseguenza, agli occhi di chi non lo conosceva sembrava una persona comune, come tutte le altre.
Faceva i lavori domestici, riceveva di persona tutte le persone che volevano incontrarlo e ascoltava le parole di chi aveva delle richieste da fargli. Non sedeva sul trono e nelle riunioni non occupava mai il posto d’onore; si spostava senza seguito e senza cerimoniale. Quando otteneva un bene si prendeva l’indispensabile per vivere e donava il resto ai poveri; talvolta poi donava tutto ai poveri e sopportava la fame. Egli viveva sempre come i poveri ed era loro compagno.
Nulla trascurava nel rivendicare i diritti della gente, ma per quel che riguardava i propri si mostrava pieno di perdono e indulgenza. Al tempo della conquista della Mecca, quando gli portarono i capi della tribú dei Quraish, nonostante tutte le ingiustizie che gli avevano fatto prima dell’Egira e tutti i tumulti che avevano provocato dopo di essa, senza dimostrare la minima severità, li perdonò tutti.
Il sommo Profeta era, per il suo carattere e le sue virtú umane, citato ad esempio sia dagli amici sia dai nemici; la sua socievolezza, la sua affabilità, la sua pazienza, la sua modestia, la sua padronanza di sé e il suo decoro erano senza eguali. È per questo che il Corano lo loda in questi termini:
“Invero tu possiedi un carattere veramente magnifico” (Santo Corano,68:4)
Ogni volta che il Profeta incontrava qualcuno, anche quando si trattava di un bambino, di una donna o di un dipendente, egli salutava per primo. Un giorno uno dei suoi compagni gli chiese il permesso di prosternarsi dinanzi a lui. Egli rispose: “Che cosa dici?! Questi sono i modi di Cesare e Cosroe! Io sono un profeta, un servo di Dio!”
Da Quando fu incaricato da Dio di divulgare l’Islam e di guidare la gente sul retto sentiero, si applicò senza posa e senza la minima distrazione, e senza il minimo errore portò a termine la propria missione.
Durante i tredici anni della sua missione vissuti prima dell’Egira alla Mecca, nonostante gli estenuanti problemi creatigli dai politeisti arabi, era costantemente occupato a adorare Dio e divulgare la Sua religione. Nel corso dei dieci anni successivi della sua missione, nonostante i crescenti problemi creatigli dai nemici della religione e nonostante l’ostruzionismo attuato dai Giudei e dalla gente ipocrita, che si fingeva musulmana, riuscí a propagare tra la gente le conoscenze e i precetti dell’Islam (a dispetto della grandissima estensione che tali conoscenze e tali precetti hanno) e affrontò ben ottanta guerre con i nemici di questa religione.
Oltre ad occuparsi dell’amministrazione e della gestione della nazione islamica (che allora consisteva nell’intera penisola arabica) si occupava, in modo diretto e personale, anche delle lamentele e delle esigenze personali della sua gente.
Per quanto riguarda il suo coraggio, basti ricordare che, con il suo sincero invito, insorse da solo contro l’intero mondo, in un’era nella quale non regnava che la prepotenza e l’ingiustizia, e sopportò tutte le torture e i tormenti dei tiranni, senza mai perdersi d’animo. In guerra non indietreggiò mai davanti al nemico.
Il sommo Profeta si manteneva sempre assai pulito e ordinato; egli a proposito della pulizia disse: “La pulizia è parte della fede”.
Oltre a curare la pulizia degli abiti e del corpo, vestiva anche in modo elegante e usciva sempre con il miglior aspetto; oltre a ciò amava molto i profumi.
Nel corso della sua vita non cambiò mai carattere e finí i suoi giorni conservando quell’umiltà e quella modestia che lo contraddistinguevano. Benché occupasse una posizione eccezionale non si concesse mai alcun privilegio che dimostrasse il suo elevato valore sociale. In vita sua non insultò mai nessuno, non parlò mai invano, non rise mai in modo rumoroso e sguainato e non si comportò mai in modo superficiale e vano.
Amava molto meditare e riflettere. Ascoltava completamente le parole degli afflitti e le proteste degli obiettori, quindi rispondeva; non interrompeva mai le parole di nessuno e non sopprimeva la libertà di pensiero. Faceva tuttavia notare alle persone i loro errori, riempiendo cosí le loro lacune.
Il sommo Profeta era assai gentile e dimostrava sempre una grande sensibilità rispetto alle altrui sofferenze. Tuttavia era rigoroso nel punire i criminali e i malfattori. Nell’eseguire le leggi divine non faceva discriminazioni tra la gente. In un furto avvenuto nella casa di uno degli Ansàr erano accusati un Giudeo e un Musulmano. Molti degli Ansàr, al fine di preservare l’onore dei Musulmani e vista l’aperta ostilità dei Giudei nei confronti della comunità islamica, vennero dal Profeta e gli chiesero insistentemente di punire l’Ebreo. Il Profeta però, siccome vide che la richiesta era illegittima, prese manifestamente le parti del Giudeo e condannò il Musulmano.
Durante la battaglia di Badr, mentre ordinava le schiere del proprio esercito, si accorse di un soldato che si era disposto un po’ piú avanti degli altri. Con il bastone che aveva in mano fece allora pressione sul ventre del soldato al fine di ordinare la schiera; quest’ultimo gli disse: “O Inviato di Dio, giuro su Dio che ho sentito male al ventre e devo dunque vendicarmi”. Il Profeta gli diede allora il bastone e, denudandosi il ventre, disse: “Rendimi dunque la pariglia”. Il soldato però, invece di colpire, si precipitò verso il Profeta e ne baciò il ventre. Disse quindi: “So che sarò ucciso oggi! Volevo solo prendere contatto con il tuo sacro corpo”. Poco dopo quell’uomo caricò il nemico e si batté finché non cadde martire.
Il sommo profeta Muhammad (S) proteggeva sempre i deboli e gli oppressi; raccomandava ai suoi compagni di comunicargli, senza nulla trascurare, le necessità dei bisognosi e le lamentele dei deboli. Si racconta che le ultime parole della sua vita le proferí per fare una raccomandazione riguardo agli schiavi e alle donne. Su di lui e sulla sua venerata famiglia sia la benedizione di Dio.
Allamah Tabatabai "Compendio della dottrina islamica"