Il popolo del Bahrein è sceso in strada nella capitale Manama per protestare contro la visita nel paese del primo ministro israeliano Neftali Bennet.
I manifestanti hanno dato fuoco alla bandiera israeliana condannando quello che hanno definito come un tradimento alla causa palestinese e dell'intera Ummah islamica.
Nelle immagini si vedono inoltre i manifestanti calpestare la bandiera sionista e innalzare cartelli con slogan contro la normalizzazione dei rapporti con il regime sionista e il primo ministro israeliano.
Oltre alla capitale, manifestazioni analoghe si sono svolte anche in altre città del paese, il tutto nonostante le rigide misure di sicurezza adottate dalle autorità e la forte repressione contro ogni forma di dissenso.
Secondo le ultime notizie, le forze di sicurezza hanno attaccato i manifestanti nell'isola di Sitra, nella parte orientale del paese, arrestando un certo numero di manifestanti.
Il viaggio di Bennett, iniziato lunedì, ha segnato la prima visita di un premier israeliano da quando Manama e Tel Aviv hanno stabilito ufficialmente legami diplomatici nell'ambito di un accordo di normalizzazione del 2020 sponsorizzato dagli Stati Uniti.
La visita del primo ministro israeliano è coincisa con l'undicesimo anniversario della cosiddetta Rivoluzione del 14 febbraio, data in cui ha avuto inizio il decennale movimento di protesta del popolo del Bahrein contro il regime monarchico della dinastia Al-Khalifa.
Il movimento di protesta in Bahrein ebbe inizio nel febbraio del 2011 sull'onda delle cosiddette primavere arabe. Da allora il paese è ininterrottamente attraversato da manifestazioni anti regime.
I manifestanti chiedono che il regime rinunci al potere assoluto e consenta la creazione di un sistema equo che rappresenti tutti i cittadini.
Le autorità hanno fatto di tutto per reprimere le proteste e ogni segno di dissenso. Il 14 marzo 2011 truppe provenienti dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti sono state dispiegate nell'isola per assistere il regime nel suo giro di vite contro i cittadini in protesta.
Da allora decine di persone hanno perso la vita e altre migliaia sono state ferite a seguito della violenta repressione messa in atto dal regime monarchico degli al Khalifa.
Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani indicano in oltre ventimila le persone arrestate per motivi politici negli ultimi anni, in un paese che conta solo poco più di un milione di abitanti. Sono inoltre migliaia i casi di tortura e sevizie perpetrate ai danni dei prigionieri.
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