L’Arabia saudita ha iniziato l’anno nuovo con l’esecuzione della
condanna a morte di 47 persone accusate di "terrorismo”. Fra questi vi è
pure il dignitario sciita Sheikh Nimr al-Nimr, figura importante di
contestazione contro il regime saudita.
Lo ha annunciato il ministero dell'Interno saudita secondo quanto
riferisce al Arabiya. Secondo il regime le persone messe a morte erano
state condannate per aver progettato e compiuto attacchi terroristici
contro civili. Molti di essi erano oppositori del regime. Secondo molte
organizzazioni per la difesa dei diritti umani, fra cui Amnesty
International, l'Arabia Saudita, alleato strategico degli Stati Uniti, è
tra i Paesi con il più alto numero di esecuzioni nel mondo. Quelle
pubblicizzate oggi sono le prime esecuzioni del 2016. Lo scorso anno
l’Arabia saudita ha eseguito più di 150 condanne a morte.
Le condanne sono state eseguite tramite decapitazione. Lo sceicco
al-Nimr è stato uno dei leader del movimento di protesta partito nel
2011 provincia orientale del regno, dove gli sciiti dicono di essere
discriminati. Molto popolare tra i giovani, il suo arresto nel 2012
provocò anche proteste di piazza. La sua pena capitale era stata
confermata il 25 ottobre scorso. Nel braccio della morte c'è anche suo
nipote ventunenne Alì al-Nimr. Per salvarlo è partita nei mesi scorsi
una mobilitazione internazionale. L’Iran, principale rivale dell’Arabia
saudita nella regione, aveva già avvertito Riyadh che l’esecuzione di
Sheikh Nimr sarebbe "costata molto cara” ai sauditi.