Dopo la denuncia di varie organizzazioni umanitarie è trapelato che i
detenuti hanno subito trattamenti non conformi al rispetto dei diritti
umani e per molti anni non sono mai stati sottoposti a processo, ciò è
inaccettabile in una società in cui la democrazia dovrebbe essere il
principio fondamentale.
Molto è stato detto ma poco è stato fatto dall’attuale presidente
americano Barack Obama che, prima nella sua campagna elettorale e poi
durante il suo doppio mandato ha ripetuto più volte la sua intenzione di
chiudere Guantànamo sia per un enorme spreco finanziario, secondo il
Pentagono si spende circa 150 milioni di dollari all’anno per il sistema
giudiziario e circa 900 mila dollari per detenuto, sia perché secondo
lo stesso Obama i trattamenti in quella prigione infernale non sono
inclini alle leggi democratiche americane.
Eppure il campo di detenzione è ancora lì, il numero attuale di
detenuti ammonta a 172, ma circa 800 sono stati i prigionieri. Molte
sono state le testimonianze da parte di ex detenuti, ma quella di
Mohamedou Ould Slahi è differente, la sua storia non è molto conosciuta,
egli è il primo ad aver pubblicato un libro all’interno del carcere di
massima sicurezza. Iniziato a scrivere nel 2005, dopo varie battaglie
legali nel gennaio 2015 con l’aiuto di Larry Siems pubblica "Guantanamo
Diary”.
Anche se alcune parti sono state censurate dal governo americano, il
libro si presenta con un linguaggio cinico, di umorismo, sensazionale
dal punto di vista umano perché nonostante gli abusi subiti Slahi
perdonerà i suoi torturatori "invitandoli a bere una tazza di thè se un
giorno tornerà in libertà”, sconvolgente dal punto di vista etico e
morale perché nessun uomo a prescindere dal capo d’imputazione merita
abusi di ogni tipo, ottimo e sensazionale dal punto di vista strutturale
e linguistico, Slahi scrivi il libro in lingua inglese imparata
comunicando con le guardie e i compagni di cella. Il libro è diventato
un best seller e probabilmente diventerà anche un cortometraggio,
infatti Michael Branner e Lloyd Levin hanno acquistato i diritti del
libro.
Mohamedou Ould Slahi, cittadino Mauritiano nato negli anni settanta,
nel 1991 si reca in Afghanistan per dare un supporto ai mujaheddin
contro l’invasione dell’Unione Sovietica, quest’ultimi volevano
annettere il territorio afghano all’Urss, allora anche gli Stati Uniti
appoggiavano i mujaheddin infatti più volte il pentagono è stato
accusato di complicità per l’appoggio e la creazione di ciò che sarebbe
diventato Al-Qaeda in seguito.
Dopo un anno interrompe qualsiasi legame che aveva con Al-Qaeda, più
volte affermò nei suoi interrogatori che si recò lì solo per respingere
le forze che volevano occupare le terre afghane, non perché appoggiasse
qualsiasi attività terroristica.
Completò gli studi in Germania con ottimi risultati, nel 2002 si
trasferì a Montreal, dopo l’11 settembre fu messo sotto sorveglianza
dall’intelligence canadese per i suoi rapporti di parentela con Mohfouz
Ould-Wolid, costui prima del 2001 era uno dei portavoce di Al-Qaeda e
aveva legami con Osama Bin Laden.
Nonostante ciò il governo canadese non trovò prove per incriminarlo,
per motivi familiari tornò in Mauritania e fu arrestato una prima volta e
scagionato per mancanza di prove, ma l’intelligence americana convinta
della sua colpevolezza lo arrestò di nuovo trasferendolo in Giordania;
dopo otto mesi di detenzione fu trasferito definitivamente nel carcere
di massima sicurezza a Guantànamo.
Da qui inizia il suo calvario, il detenuto numero 760 subisce ogni
forma di abuso: Waterboarding, privazione del cibo e del sonno, abusi
sessuali, minacce di ogni tipo. Dopo lunghe settimane decise di
confessare un crimine che non aveva mai commesso pur di porre fine alle
sue sofferenze, pur non essendo mai stato processato Slahi fu accusato
di reclutare mercenari in Cecenia e di aver organizzato un attentato a
Toronto; pur essendo innocente è stato considerato uno dei prigionieri
più pericolosi per il suo presunto legame con Bin Laden.
Nel 2007 fu ordinata la sua scarcerazione per mancanza di prove che lo
legassero a qualsiasi accusa, eppure Slahi è ancora lì. Ciò è difficile
sia da spiegare che da capire, come un uomo come lui e tanti altri
ingiustamente siano stati rinchiusi perché in questo mondo alcune
persone non sanno distinguere il bene dal male, facendo crescere un
senso di paura nella popolazione pur di far accrescere il proprio
consenso.
IlFaroSulMondo