Tra il ritmo dei tamburi e la musica celebrativa, giovedì i membri della comunità hanno applicato un nuovo strato di intonaco di fango alla moschea, che presenta tre imponenti minareti ed è riconosciuta a livello mondiale come simbolo dell'architettura saheliana.
L'evento, che si tiene in vista dell'intensa stagione delle piogge nella regione, prevede il rivestimento della struttura con banco, una miscela tradizionale di terra e acqua, per proteggerla dall'erosione. "Questa moschea appartiene al mondo intero", ha detto Aboubacar Sidiki Djiteye, con il volto coperto di fango mentre prendeva parte a quella che ha descritto come un'attività "unificante". "Non c'è evento più grande di questo a Djenné", ha dichiarato all'AFP.
La tradizione annuale è profondamente radicata nel patrimonio locale. "Riintonacare la moschea è una tradizione tramandata di generazione in generazione", ha spiegato Bayini Yaro, una delle donne responsabili del rifornimento d'acqua per la miscela.
Gli abitanti hanno preparato il rivestimento protettivo mescolando acqua con materiali locali come terra, crusca di riso, burro di karité e polvere di baobab. Questi componenti sono fondamentali per preservare lo stile architettonico distintivo della moschea, tipico della regione sahel-sudanese.
Il capo muratore Mafoune Djenepo ha supervisionato l'applicazione del nuovo intonaco. "L'importanza di questa moschea è immensa. È l'immagine su tutti i francobolli del Mali", ha osservato.
Al termine dei lavori, si è tenuta una cerimonia di benedizione nel cortile della moschea. I partecipanti hanno recitato versetti del Corano e in seguito hanno condiviso datteri e dolci in un momento di convivialità.
Originariamente costruita nel XIII secolo e ricostruita nel 1907, la moschea è considerata dall'UNESCO il più grande edificio in terra cruda del mondo. Djenné, una città di circa 40.000 abitanti nota per le sue caratteristiche case banco, è stata dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1988.
Tuttavia, il sito è stato inserito nella lista dei siti a rischio dell'UNESCO nel 2016 a causa della persistente instabilità nel Mali centrale, dove dal 2012 sono attivi gruppi armati affiliati ad Al-Qaeda, allo Stato Islamico (Daesh), milizie etniche e reti criminali.
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