IQNA

Il profeta Muhammad (S) (1)

3:13 - December 17, 2016
Notizie ID: 3481089
Iqna-L’amatissimo profeta dell’Islam è l’ultimo dei messaggeri che il Signore misericordioso ha inviato agli uomini per guidarli sul retto sentiero.
Il profeta Muhammad (S) (1)


La biografia del venerato profeta Muhammad (S) è conosciuta meglio di quella di qualsiasi altro profeta. Col passare del tempo e per effetto delle evoluzioni storiche avvenute, il libro celeste, la legge religiosa e persino la divina personalità dei profeti che lo hanno preceduto hanno subito notevoli alterazioni, le quali hanno, di conseguenza, reso ambigue le loro biografie.

Invero, all’infuori delle limitate nozioni forniteci dal Corano e dalle tradizioni del Profeta e della sua Ahl ul-Bayt {Alí, Fatima e dodici infallibili Imam da loro discendenti}, non v’è nulla di preciso e chiaro riguardo alla loro biografia.

 

Al contrario, la biografia del nobile profeta Muhammad (S) è assai chiara ed è in grado di descrivere a sufficienza i diversi caratteri della sua straordinaria vita.

 

L’amatissimo profeta dell’Islam è l’ultimo dei messaggeri che il Signore misericordioso ha inviato agli uomini per guidarli sul retto sentiero. Quattordici secoli orsono, del monoteismo non era rimasto che un semplice nome e gli uomini avevano totalmente abbandonato l’adorazione del Dio Unico, si erano completamente allontanati dalla fede in Dio, dall’umanità e dalla giustizia. La sacra Ka’bah era divenuta un santuario di idoli e la religione di Abramo s’era trasformata in idolatria.

 

Gli Arabi conducevano una vita strettamente tribale, persino nelle diverse città che avevano formato nell’Hijàz e nello Yemen. Essi vivevano in condizioni tra le piú vili e arretrate: in luogo della civiltà e della virtú, tra la gente regnava la scostumatezza e il vizio e peccati quali bere vino e giocare d’azzardo erano assai diffusi; le figlie femmine venivano sotterrate vive e la maggior parte della gente si procurava da vivere attraverso il furto, il brigantaggio, l’omicidio e il saccheggio dei beni e del bestiame altrui. Essere sanguinari, spietati e tiranni era poi il piú gran vanto.

 

In un tale ambiente il Signore misericordioso scelse Muhammad (S) per riformare e guidare l’intera umanità; gli rivelò quindi il Corano (comprendente sublimi conoscenze, preziose nozioni che aiutano l’uomo a conoscere Dio, un concreto programma per realizzare la giustizia e utili ammonimenti) incaricandolo di invitare, servendosi di questo divino libro, la gente a comportarsi in modo umano e a aderire alla verità.

 

 

 

Dalla nascita all'inizio della missione

 

Il sommo Profeta nacque alla Mecca nell’anno 570 dopo Cristo (cioè cinquantatré anni prima dell’Egira) nella piú nobile e onorata delle famiglie arabe.

 

Prima di venire al mondo perse suo padre e dopo aver perso, all’età di sei anni, anche la madre, fu il nonno Abdulmuttalíb a prendersi cura di lui. Quest’ultimo però morí due anni dopo e il nobile bambino passò cosí sotto la diretta tutela del suo gentile zio Abutàlib (padre di Alí, il Principe dei Credenti). Egli amò il suo nobile nipote come un suo stesso figlio e fino a pochi mesi prima dell’Egira non mancò mai di proteggerlo e sostenerlo.

 

Gli Arabi della Mecca, come gli altri Arabi, allevavano pecore e cammelli e talvolta commerciavano con i paesi vicini, in particolare con la Siria. Erano ignoranti e rozzi, in nessun modo interessati all’istruzione e all’educazione dei propri figli. Muhammad (S), al pari degli altri, non aveva imparato né a leggere né a scrivere.

 

Tuttavia, sin dall’infanzia si distinse dagli altri per le sue virtú: non adorava mai idoli, non mentiva, non rubava, non tradiva, non commetteva mai atti turpi, non si comportava mai in modo superficiale ed era dotato di una straordinaria intelligenza e di grandi capacità. Queste nobili qualità gli fecero in breve tempo acquistare una notevole popolarità tra la gente. Divenne cosí famoso con l’appellativo di "Al-amín” {il Fidato}. Era per questa sua straordinaria fidatezza che la gente affidava per lo piú a lui i beni che intendeva depositare e lodava la sua onestà e le sue grandi capacità.

 

Aveva all’incirca vent’anni quando una delle ricche dame della Mecca, la nobile Khadíjah, lo scelse come suo agente commerciale. L’onestà, l’intelligenza e le notevoli capacità di Muhammad (S) assicurarono abbondanti guadagni a Khadíjah che attratta sempre di piú dalla sua straordinaria personalità, gli propose di sposarla. Dopo il matrimonio il giovane Muhammad (S) continuò per diversi anni le attività commerciali della moglie.

 

Fino a quarant’anni, egli intrattenne normali rapporti con la gente e venne considerato uno dei membri della comunità; a differenza degli altri però possedeva un carattere integro, una condotta esemplare e aborriva l’oppressione, la crudeltà e l’arrivismo. Tali virtú gli avevano fatto guadagnare il rispetto e la fiducia della gente. Si narra che un giorno, durante i lavori di riparazione della Ka’bah, sorse una disputa tra le diverse tribú su chi dovesse collocare al suo posto la Pietra Nera {Hajar ul-Aswàd}.

 

Per risolvere la controversia scelsero unanimemente il nobile Muhammad (S) come arbitro. Quest’ultimo fece depositare questa sacra pietra in un mantello e i capi delle tribú presero i lembi del mantello e lo alzarono; fu poi il nobile Muhammad (S) a collocarla al suo posto. Grazie a questo intervento, il litigio si risolse senza alcun spargimento di sangue.

 

Prima dell’inizio della sua missione profetica, benché fosse monoteista e quindi categoricamente contrario all’idolatria e al politeismo, siccome non combatteva direttamente le assurde e superstiziose credenze degli idolatri, la gente era in pace con lui, come lo era del resto con i seguaci delle altre religioni (quali i Giudei e i Cristiani) che vivevano in pace con gli Arabi idolatri.

 

Al Tempo in cui Muhammad (S) viveva presso suo zio Abutàlib e non aveva ancora raggiunto la pubertà, accompagnò quest’ultimo in un suo viaggio di affari in Siria.

 

Era una carovana assai imponente e un folto gruppo di persone viaggiava assieme a dell’abbondante mercanzia. Dopo essere penetrata in territorio siriano e aver raggiunto la città di Busrà fece una sosta nelle vicinanze di un monastero. Un monaco chiamato Bahirà uscí dal convento e invitò i viaggiatori a riposare all’interno del monastero. Abutàlib, al pari degli altri viaggiatori, accettò l’invito lasciando Muhammad (S) a sorvegliare i suoi beni. Bahirà, venuto a sapere che tutti erano presenti nel convento tranneMuhammad (S), chiese che lo si facesse entrare. Abutàlib chiamò allora il nipote e insieme si recarono dal monaco.

 

Dopo aver a lungo scrutato il nobile Muhammad (S), Bahirà lo prese da una parte e disse: "Giurami nel nome di Lat e Uzzà (due idoli adorati dagli abitanti della Mecca) che risponderai a quanto ti chiederò ora”. Muhammad (S) rispose: "Questi due idoli sono le cose che detesto maggiormente”. Il monaco disse allora: "In nome del Dio Unico, ti prego di dire la verità”. Il nobile bambino rispose: "Io dico sempre la verità, non ho mai mentito in vita mia; rivolgimi la tua domanda”. Bahirà chiese allora: "Qual è la cosa che ami di piú?”.

 

Rispose: "La solitudine”. Il saggio monaco allora lo interrogò di nuovo: "Che cosa ami guardare di piú?”. Rispose: "Il cielo e le sue stelle”. A questo punto Bahirà chiese: "A che cosa pensi?”. Muhammad (S) rimase in silenzio e Bahirà guardò attentamente la sua fronte; disse poi: "Quando e con quali pensieri ti addormenti?”. Rispose: "Quando, guardando le stelle, le sento vicine a me, mi vedo sopra di esse”. Bahirà chiese allora "Fai anche sogni?”. Muhammad (S) rispose: "Sí e tutto quel che sogno lo vedo pure quando sono desto”.

 

Il monaco proseguí chiedendo: "Che cosa vedi in sogno?” e Muhammad (S)non disse nulla; dopo un momento di silenzio il saggio uomo si rivolse al nobile Muhammad (S) e gli disse: "Posso vederti tra le spalle?”; quest’altro acconsentí e Bahirà, denudandogli le spalle, scoprí un neo: "È proprio questo” mormorò. Abutàlib sorpreso gli chiese: "A che cosa ti riferisci? Cosa vuoi dire?”. Bahirà rivolgendosi allo zio del nobile bambino gli chiese: "Qual è il legame di parentela che ti lega a questo giovane”. Dal momento cheAbutàlib amava Muhammad (S) come un suo stesso figlio, affermò: "È mio figlio”.

 

Replicò allora Bahirà: "No, il padre di questo giovane deve essere già morto”, "Come fai a saperlo?” chiese Abutàlib sorpreso, prima di rivelare al monaco che Muhammad (S) era suo nipote. Bahirà disse allora ad Abutàlib: "Ascoltami bene, un radioso e sorprendente avvenire attende questo giovane. Se altri oltre a me vedranno ciò che io ho visto e lo riconosceranno, lo uccideranno. Devi nasconderlo e proteggerlo dai nemici”. Abutàlib domandò allora: "Dimmi chi è!”. Bahirà disse: "Nei suoi occhi e sul suo dorso vi sono due inconfondibili segni di riconoscimento di un grande profeta del futuro”.

 

Qualche anno piú tardi Muhammad (S) si recò nuovamente in Siria, ma questa volta in qualità di agente commerciale della nobile Khadíjah. Quest’ultima lo fece accompagnare dal suo servo Maisaràh raccomandandogli di prestargli assoluta ubbidienza.

 

Dopo essere penetrati in territorio siriano, fecero una sosta nei pressi della città di Busrà. Nelle vicinanze v’era l’eremo di un monaco chiamato Nasturà che già conosceva Maisaràh. Il monaco rivedendo Maisaràh, riferendosi aMuhammad (S), gli chiese: "Chi è quell’uomo che sta riposando sotto quell’albero?”. Egli rispose: "È un uomo della tribú dei Quraish”. Il monaco dichiarò allora: "Sotto quell’albero non fanno tappa se non i profeti di Dio”. Poi domandò:” I suoi occhi presentano forse segni di arrossamento”. Maisaràh rispose: "Si, costantemente”. Nasturà concluse: "E proprio lui! Egli è l’ultimo dei profeti di Dio. Potessi vedere il giorno in cui riceverà da Dio l’incarico di invitare la gente alla Sua religione!”

 

Numerose tribú ebree, avendo saputo dalle loro scritture del profeta Muhammad (S) e del luogo in cui sarebbe sorto, avevano lasciato la loro patria per andare a insediarsi nell’Hijàz. Fermatisi a Medina e nei dintorni di questa città, vissero per anni nell’attesa dell’avvento del profeta dell’Islam.

 

Poiché i membri della comunità trapiantata erano ricchi e opulenti, succedeva che talvolta fossero depredati dagli Arabi. Ma gli Ebrei sopportavano pazientemente tali soprusi e si lamentavano sempre con coloro che li opprimevano dicendo: "Sopporteremo i vostri saccheggi, i vostri soprusi fino al giorno in cui il Profeta Illetterato emigrerà dalla Mecca per venire a stabilirsi a Medina. Sarà allora che noi, dopo avergli prestato fede, ci vendicheremo di voi”.

 

Fu in tal modo che gli Arabi di Medina acquistarono una precedente conoscenza della missione profetica del nobile Muhammad (S). Tale conoscenza divenne in seguito uno dei principali fattori della loro rapida conversione all’Islam. Accadde poi che essi si convertirono, mentre gli Ebrei, a causa del loro fanatismo, si rifiutarono di prestare fede al profeta che tanto avevano atteso e del cui avvento tanto avevano parlato.

 

A tal proposito il Corano dice:

 

"Quando il Libro di Dio {il Corano} giunse ai Giudei, sebbene esso confermasse le conoscenze e gli insegnamenti del libro ispirato da loro accettato e seguito, la Torà, e sebbene da tempo aspettassero di vincere (con l’aiuto del profeta dell’Islam) gli Arabi miscredenti, essi non si convertirono. Sia dunque la maledizione di Dio sui miscredenti”(Santo Corano,2:89)

 

A proposito invece della conversione di un gruppo di persone appartenenti alla Gente del Libro {Cristiani ed Ebrei} dice:

 

"...presto concederò la Mia misericordia a coloro che si comportano rettamente, che pagano la zakàh e che credono ai Nostri segni; {la concederò a} quelli {della Gente del Libro} che seguono l’Inviato, il Profeta Illetterato, il cui nome e i cui connotati vengono da loro trovati nella Torà e nel Vangelo. Egli ordina loro di compiere il bene, vieta loro di commettere il male, rende loro lecite le cose pulite e gradevoli e illecite le immonde e repellenti; egli li ha alleviati da ogni tipo di difficoltà e fatica, e, spezzando le catene che li tenevano legati, ha donato loro la libertà” (Santo Corano,7:156-157)

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