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Assediati, affamati ma indomiti: i combattenti palestinesi nel tunnel di Rafah ridefiniscono la resistenza

23:50 - December 04, 2025
Notizie ID: 3492213
Iqna - Lunedì, durante una diretta televisiva a Gaza, Motee Abu Mosabeh ha paragonato l’attuale situazione dei combattenti della resistenza palestinese a Rafah al calvario affrontato dall’Imam Hussain, nipote del Profeta Muhammad, e dai suoi compagni a Karbala quasi 1.400 anni fa
Assediati, affamati ma indomiti: i combattenti palestinesi nel tunnel di Rafah ridefiniscono la resistenza

PressTV. Di Marzieh Hashemi(*).  Lunedì, durante una diretta televisiva a Gaza, Motee Abu Mosabeh ha paragonato l’attuale situazione dei combattenti della resistenza palestinese a Rafah al calvario affrontato dall’Imam Hussain, nipote del Profeta Muhammad, e dai suoi compagni a Karbala quasi 1.400 anni fa.

Ma cosa sta succedendo di preciso a Rafah, nella Striscia di Gaza meridionale, tanto da aver spinto Abu Mosabeh a fare questo paragone?

A Rafah, decine di combattenti della resistenza palestinese sono circondati dalle forze nemiche e intrappolati sottoterra in un’area attualmente occupata e controllata dalle forze del regime israeliano.

Questi resistenti hanno combattuto coraggiosamente contro l’esercito israeliano durante gli ultimi due anni di genocidio, infliggendo perdite significative all’occupazione di Rafah.

Tuttavia, da mesi non ci sono più comunicazioni con questi combattenti, non hanno quasi più cibo né munizioni e sono rimasti completamente isolati.

Ma nonostante questo isolamento e le estreme avversità, continuano a resistere e a resistere.

Di recente, quando alcuni combattenti sono usciti dai tunnel in cerca di cibo, sono stati immediatamente presi di mira dai droni delle forze di occupazione israeliane che continuano a bombardare e distruggere i tunnel di Rafah nel tentativo di indebolire ed eliminare la resistenza.

Attualmente, le forze di occupazione israeliane occupano circa il 58% di Gaza e utilizzano tecnologie di tracciamento avanzate per localizzare i combattenti non appena emergono fuori dai tunnel.

Per quanto riguarda la durata della permanenza di questi combattenti nel sottosuolo, le notizie sono divergenti: alcuni sostengono che siano intrappolati da febbraio, poco dopo l’entrata in vigore della seconda tregua, mentre altri affermano che siano sottoterra da ottobre, dopo l’ultimo cessate il fuoco.

Indipendentemente dalla tempistica, i combattenti sono sotto una pressione immensa e rischiano di morire di fame.

Il movimento di resistenza di Hamas afferma che i garanti del cessate il fuoco avrebbero dovuto permettere il passaggio sicuro dei combattenti, eppure non si è verificato alcun progresso in questo senso.

La realtà è che i paesi occidentali che affermano di sostenere la democrazia e i diritti umani sono anche tra i più stretti alleati di Israele, il che è di per sé un ossimoro.

Questi sono gli stessi paesi che hanno fornito al regime sionista armi sofisticate e letali utilizzate contro i civili palestinesi durante la guerra genocida. Sono gli stessi paesi che non solo non sono riusciti ad impedire al regime di massacrare oltre 70.000 persone a Gaza, ma sono stati anche complici alla pari negli orrendi crimini di guerra.

E questi sono gli stessi paesi che ora fingono che il genocidio sia terminato con il finto cessate il fuoco, anche se i palestinesi continuano ad essere uccisi quotidianamente.

Mentre il regime continua ad affamare la popolazione di Gaza, l’Occidente nel suo complesso si comporta come se ciò non stesse accadendo. Ed in effetti, si tratta degli stessi paesi che hanno incarcerato i propri cittadini per aver preso posizione e denunciato il genocidio.

Quindi non sorprende che non abbiano fatto pressioni per un passaggio sicuro per i combattenti.

Sono in corso colloqui con i “garanti” regionali del cosiddetto “cessate il fuoco” in merito all’attuazione del passaggio sicuro, ma finora non sono stati presi provvedimenti concreti.

Le Forze di Difesa Israeliane affermano di aver ucciso almeno 40 di questi combattenti della resistenza. Sebbene ciò non sia stato possibile confermarlo in modo indipendente, si stima che decine di combattenti della resistenza siano ancora bloccati nei tunnel di Rafah, un’area quasi totalmente sotto il controllo dell’occupazione sionista.

Questi combattenti palestinesi sono circondati da un nemico dotato di equipaggiamenti e armamenti tra i più tecnologicamente avanzati al mondo, eppure continuano a resistere e rifiutano di arrendersi, nonostante abbiano poco o niente cibo e acqua.

Si dice che i sionisti abbiano richiesto che i combattenti si arrendessero in massa, compiendo in tal modo un gesto favorevole alla propaganda per il regime, ma è improbabile che ciò possa accadere.

Torniamo quindi all’analogia del nostro corrispondente sull’Imam Hussain e i suoi 72 coraggiosi compagni, circondati da decine di migliaia di truppe nemiche ben equipaggiate.

Il tiranno omayyade Yazid ordinò ai suoi militari di impedire a questo piccolo gruppo di raggiungere o bere acqua per giorni, per poi attaccarli e martirizzarli uno per uno.

L’Imam Hussain e i suoi seguaci si batterono per la giustizia e combatterono con coraggio, nonostante la brutalità del nemico. Ma l’Imam Hussain non si arrese, dicendo al sovrano corrotto che non avrebbe mai potuto giurare fedeltà ad un uomo come lui.

I paesi occidentali e i loro alleati israeliani, che si dichiarano sostenitori della democrazia e dei diritti umani, accusano, per bocca dei loro leader, i combattenti palestinesi di essere dei terroristi dimenticando completamente il diritto internazionale sostenuto dai loro stessi paesi.

La Convenzione di Ginevra garantisce il diritto alla resistenza di coloro che sono sotto occupazione, incluso il diritto alla resistenza armata per raggiungere l’autodeterminazione. Questo fa parte della Quarta Convenzione di Ginevra, che garantisce protezione ai civili mentre altri combattono e resistono all’occupazione.

Sono 196 i paesi firmatari di questa convenzione, tuttavia questi si limitano a guardare mentre il regime israeliano viola continuamente il cessate il fuoco senza subire alcuna ripercussione.

Sono gli stessi paesi che osservano le IOF circondare i combattenti della resistenza a Rafah, in attesa che questi uomini affamati emergano in superficie, dove verranno uccisi uno dopo l’altro nel modo più codardo.

Questo è lo stato delle cose in un mondo che premia chi commette genocidio e demonizza chi lo combatte. La realtà è che la resistenza è una risposta naturale all’oppressione.

E la via dell’Imam Hussain è una scelta naturale per i rivoluzionari che non si sottometteranno mai all’oppressione preferendo dare la vita per essere veramente liberi.

Come disse l’Imam Hussain, “Morire con dignità è meglio che vivere nell’umiliazione”.

I popoli liberi del mondo devono esigere che venga garantito a questi combattenti un passaggio sicuro e immediato, e che il regime sionista rispetti tutti i gli impegni che si è assunto con l’accordo di tregua.

Non smettete di protestare, boicottare e chiedere la fine di questa guerra genocida, e non smettete di dire “Palestina libera” finché non diventerà realtà.

(*) Giornalista, commentatrice e documentarista nata negli Stati Uniti e residente in Iran.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi

 

 

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