Uno studioso e docente universitario iraniano ha affermato che il Corano fornisce una guida pratica per aiutare le società a superare crisi come la guerra, la migrazione e la povertà.
Mohammad-Javad Tavakkoli Khaniki, docente del Mashhad Quran College, ha spiegato che il Corano non è solo un testo spirituale, ma anche una fonte di saggezza per la gestione collettiva delle crisi.
Parlando con IQNA, ha affermato che il Corano "presenta strategie pratiche basate su fondamenta intellettuali, morali e sociali per aiutare le comunità a resistere e a riprendersi dalle crisi collettive".
Tavakoli ha osservato che il Corano stabilisce principi chiari per affrontare una delle sfide più distruttive per l'umanità: la guerra. "Il Corano consente il combattimento solo in risposta alla fitna e per difendere gli oppressi", ha spiegato, sottolineando che l'aggressione o l'espansionismo non hanno alcuna legittimità nell'insegnamento islamico.
Lo studioso ha citato il versetto: "Combattete sulla via di Allah coloro che vi combattono, ma non eccedete. Allah non ama i trasgressori" (Surah Al-Baqarah, versetto 190), osservando che il passo in questione limita la guerra all'autodifesa e richiede moderazione.
"Il Corano richiede etica anche in guerra", ha sottolineato. "Uccidere civili, distruggere l'ambiente o commettere violenza oltre la necessità sono proibiti".
Tavakkoli ha aggiunto che il Corano incoraggia la pace quando la parte avversa vi si orienta, citando il seguente passo coranico: "E se inclinano verso la pace, inclinatevi anche voi verso di essa e confidate in Allah; in verità Egli è l'Ascoltatore, l'Onnisciente" (Surah Al-Anfal, versetto 61). "Accettare la pace ferma il ciclo di spargimento di sangue e apre lo spazio alla ricostruzione e al dialogo", ha spiegato lo studioso.
Tavakoli ha quindi ricordato l'appello del Corano al perdono e alla riconciliazione dopo la guerra: "... Se rinunciate voi, è comunque più vicino alla pietà. Non dimenticate la generosità tra voi. In verità Allah osserva quello che fate." (Surah Al-Baqarah, versetto 237). "Il perdono non è solo una virtù morale", ha affermato Tavakkoli, "ma anche una necessità sociale per sanare le divisioni e ripristinare l'unità".
A proposito della migrazione, il docente universitario ha affermato che il Corano considera la migrazione dall'oppressione sia un diritto che un dovere. Citando il versetto 97 della Surah An-Nisa, ha spiegato: "La migrazione è un modo pratico per preservare la fede e la vita quando entrambe sono in pericolo".
Tavakkoli ha osservato che il Corano definisce anche le responsabilità delle comunità ospitanti, citando: "E coloro che si erano stabiliti in patria e avevano accettato la fede prima di loro, amano coloro che sono emigrati da loro" (Surah Al-Hashr, versetto 9). "Questo versetto insegna empatia e inclusione", ha affermato. "I migranti dovrebbero essere trattati come fratelli, non come estranei".
Affrontando il problema della povertà, Tavakkoli ha ricordato che il Corano promuove sia la responsabilità personale che il benessere collettivo. Citando il passo coranico "che nulla appartiene all'uomo se non ciò per cui si sforza" (Surah An-Najm, versetto 39), ha affermato che l'Islam incoraggia il lavoro e l'autosufficienza, rifiutando la dipendenza.
Allo stesso tempo, secondo lo studioso, il Corano impone la solidarietà economica attraverso meccanismi come la zakat e il khums. Citando la Surah At-Tawbah, versetto 103, "Preleva sui loro beni una somma per la carità tramite la quale li purifichi e li mondi e prega per loro", ha osservato: "Queste misure stabiliscono una rete di sicurezza sociale per i poveri e sostengono la giustizia economica".
Tavakkoli ha riportato anche il versetto 261 della Surah Al-Baqara che descrive la carità come fonte di benedizione e coesione sociale, e il versetto 275 che proibisce l'usura. "Proibendo l'usura e l'accumulo, il Corano impedisce che la ricchezza si concentri in poche mani e combatte le radici strutturali della povertà", ha affermato Tavakoli.
Lo studioso ha infine osservato che l'approccio del Corano alle crisi "integra etica, governance e responsabilità comunitaria". L'attuazione di questi principi, ha affermato, "richiede la cooperazione tra governanti e cittadini per raggiungere giustizia, compassione ed equilibrio sociale".
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